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  /  News   /  Ancora una decisione della Corte di Cassazione in tema di responsabilità ex art. 2051 codice civile. La sentenza della Sez. III Civile, 15 gennaio – 28 giugno 2016, n. 13260
Ancora una decisione della Corte di Cassazione in tema di responsabilità ex art. 2051 codice civile.
- Sezione Civile
Come abbiamo già rammentato in altra occasione, l’art. 2051 del codice civile disciplina la responsabilità per le cose in custodia stabilendo che: “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

La vicenda

  • 1. Nel 2002, la sig.ra A.T. convenne in giudizio Telecom Italia S.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni subiti per le lesioni riportate a seguito di un infortunio. Espose di essere ‘incespicata’ in un tombino di proprietà della Telecom, ubicato al di sotto del manto stradale e non visibile anche per la presenza di giornali e carte sparse sulla strada.
    Costituitasi in giudizio, la Telecom Italia (…), chiese il rigetto della domanda deducendo il difetto di prova dei fatti esposti, la carenza dei presupposti dell’insidia stradale e comunque l’assenza di ogni sua responsabilità, atteso che il tombino insisteva sul suolo pubblico, contestò altresì l’ammontare della pretesa.
    II Tribunale di Bari (…) con la sentenza n. 99/2007, rigettò la domanda attorea, rilevando che, in base a quanto prospettato ed a quanto emerso dalla prova testimoniale, la caduta era dipesa non da difetti del tombino o dalla sua sporgenza, bensì da difetti del manto stradale, sì che la eventuale responsabilità sarebbe stata da addebitarsi al Comune.
  • 2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 792 del 28 giugno 2012. La Corte ha ritenuto che, anche ad ammettere che la Telecom, dopo aver installato il tombino metallico per la posa in opera di cavi della rete di telecomunicazioni, avesse conservato la custodia dello stesso, si doveva escludere in concreto la sussistenza della prova del nesso di causalità tra una qualche anomalia del manufatto e la verificazione della caduta.

La Corte territoriale ha rilevato che: in primo luogo, non era emersa e non era stata neppure dedotta una qualsivoglia irregolarità del tombino, né poteva essere considerata tale la circostanza, non altrimenti specificata, della collocazione dello stesso tombino al di sotto del livello del piano viario, atteso che la incorporazione del manufatto, proprio al fine di non costituire insidia per gli utenti, comporta l’esigenza che il coperchio metallico resti comunque sottoposto, sia pure lievemente, al livello stradale. In secondo luogo, l’appellante non aveva mai specificato l’entità del dislivello tra piano calpestabile e tombino, né aveva documentato la riferibilità dello stesso all’installazione del manufatto piuttosto che alle caratteristiche assunte dal manto stradale, con la conseguenza che nulla escludeva che lo scarto fosse rimasto contenuto nei limiti fisiologici né che lo sprofondamento del tombino fosse stato causato da modifiche successive del piano stesso.  In terzo luogo, dalla prospettazione attorea era emersa la presenza di materiale cartaceo a copertura del tombino e quindi la ricorrenza di un fattore che avrebbe potuto causare esso stesso lo scivolamento del piede e della conseguente caduta”.

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